sabato 11 settembre 2010

QUINTA PUNTATA

QUALCHECOSA RIMANE TRA LE PAGINE CHIARE E LE PAGINE SCURE...

Vado verso il balcone, guardo fuori e cerco il cielo meraviglioso cielo terso di Cluj: cerco la magia delle sue luci e dei suoi colori, le sfumature delle nubi che si rincorrono sopra le colline che disegnano l'orizzonte. Cerco la sala computer, dove sicuramente Luca starà ascoltando musica e facendo chissà cosa, accigliato dietro il monitor. Vorrei uscire lungo Cehalau e rivedere il gigantesco rotweiler che - ad ogni mio passaggio - salta giù dalle scale, ringhiando e abbaiando oltre il cancello, che fortunatamente è rimasto sempre chiuso lungo questi mesi.

Vorrei scendere lungo Strada Republicii, passare il Giardino Botanico, l'oncologico e scorgere il dentone verde lampeggiante che - dietro una vetrina - cerca di attrarre pazienti in un bizzarro studio dentistico. Vorrei entrare allo Stuff per bere una birra, magari poi scendere alla Casa della Cultura degli Studenti e proseguire verso le piazze del centro. Vorrei fermarmi al Centro di Cultura Italiana e chiacchierare un po' con Oana, raccontandole la sventura odierna degli inquilini di casa-YAP.

Vorrei giocare con Cosmin e Paul, rivedere il sorriso di D e di tutti i ragazzi del centro. Vorrei tornare al Transilvania International Film Festival e ai suoi mitici "afterparty": vorrei indossare nuovamente il magico braccialetto rosso, che ci apriva le porte di una miriade di eventi, in quanto volontari. Vorrei ritornare per sei volte in cinque giorni all'Ispettorato Scolastico per ottenere il permesso di effettuare una ricerca sulla percezione dello sport nelle scuole. Vorrei ritornare nelle scuole, stringere la mano a docenti e segretari, scherzando ancora con il bidello del Cosbuc, che bonariamente sorride di fronte al mio romeno impacciato. Vorrei ritornare alle feste ungheresi, immergermi nel casino del Genis e nell'ambiente tirato dell'Obsession. Vorrei sedermi su una panchina di fronte agli zampilli delle fontane che - a ritmo di musica e illuminate da faretti colorati - allietano i pomeriggi dei Clujani, per la gioia dei bambini. Vorrei rivivere la sensazione di vedere aerei volare ad altezza-uomo, amplificata sopra la collina che domina la città: collina che stimola riflessione, incute tranquillità, nonostante Wizzair.

Cluj Napoca ti guarda in faccia e ti sorride, ti parla in tre lingue e profuma come i fiori di primavera: ha energia, vitalità ed entusiasmo. Ti approccia in modo schietto e sincero, pochi pregiudizi, tanta cultura e tanta sana voglia di divertirsi. Cluj accoglie sorridente lo straniero e lo coccola. La Romania inscritta negli stereotipi e nei pregiudizi italici dista anni luce. Città universitaria per antonomasia, ricca di eventi culturali e sportivi di primo piano, Cluj è un importante centro economico ubicato tra morbide colline e verdi foreste. Un po' come Don Camillo e Peppone, romeni e ungheresi convivono in modo pacifico e conflittuale allo stesso tempo: la multiculturalità è forse il principale segno che contraddistingue Cluj Napoca, nella quale vivono anche ebrei e rom. Un po' Bologna, un po' Torino, un po' Milano, un po' Verona e un po' Bolzano (o forse Trieste, fate voi).

Come in un caleidoscopio multisensoriale, sorrisi, odori, sensazioni, sguardi, viste, canzoni, sapori si mescolano ora in un sapore dolce-amaro. Mi sono eclissato nei mesi scorsi, impegnato nel frullare tutti questi ingredienti in un'esperienza interessante e intensa, ahimé ormai terminata.

Son sul treno, sto tornando a Milano: la valutazione finale del progetto AMICUS è appena finita: ho un sapore agro-dolce in bocca, come sempre accade quando una bella esperienza giunge alla fine. E mi chiedo perché l'Unione Europea organizzi questi progetti: forse per far versare lacrime negli aeroporti, per trasformare la quotidianità pre-esperienza in monotona banalità, per far sembrare improvvisamente casa tua improvvisamente piccola, per spezzare cuori e reintegrarne altri. Che senso ha oggi sfogliare le fotografie, riascoltare particolari canzoni, rimanere per ore di fronte al computer chattando su msn, cercando di sentire ancora vicine persone lontane. Lontane eppure vicine, nel cuore e nella testa.

Aprire una cartina geografica e guardarla. Pensando al passato, sperando nel futuro. Sentirsi improvvisamente piccoli piccoli, dopo essersi sentiti grandi grandi.
Stati d'animo che si rincorrono e che si accavallano, convinzioni che si sgretolano, speranze che illudono: alla fine della fiera, non l'unica parola che mi passa per la testa è "grazie", che rivolgo innanzi tutto a chi mi ha ha dato la possibilità di partire (l'Unione Europea) e a chi mi ha accompagnato lungo il percorso (l'Associazione Papa Giovanni XXIII).

Ma se il cammino è stato grandioso, non posso non tenere in considerazione gli incontri, i sorrisi, gli sguardi, i sapori e le sensazioni che mi hanno regalato tutti quelli che ho incrociato sulla mia strada. E cito espressamente Luca, rendendomi conto che sopportarmi per sei mesi non dev'essere stato per niente facile.

Allargo lo sguardo, e non posso non ringraziare anche chi mi vuol bene nonostante sia rimasto qua. Chi mi capisce con uno sguardo - anche se stiamo parlando al telefono - chi sa cosa penso anche se non lo dico, chi non si annoia se parlo di Cluj per due ore, chi si incuriosisce sul mio percorso anche se non ci si vede da anni. Persone che non mi fanno sentire solo, persone che stanno sempre e comunque dalla mia parte, anche se disto migliaia di chilometri. Persone che mi stimano, che credono in me, che mi vogliono bene. Persone che mi hanno hanno cresciuto, persone che mi hanno visto crescere, magari incrociandomi tra i banchi affollati dell'università, rincorrerendo un pallone, scrivendo articoletti su un piccolo giornaletto sportivo o in una qualche avventura in un angolo di Europa. Persone che sanno che sto parlando di loro, anche se non lo dico. Persone che sanno che anche se cerco di essere sempre forte e di non mollare mai, ogni tanto capita anche ai miei occhi di inumidirsi alle sei di pomeriggio su un Eurostar Rimini - Milano.

Persone alle quali cercherò di raccontare Cluj così come l'ho vissuta io, tra le righe di un blog o davanti a un boccale di birra.

martedì 20 aprile 2010

QUARTA PUNTATA

LA TERRA DEI CACHI

La cosa che ammirerò sempre in Roma e Lazio è la capacità di accettare i risultati senza enfatizzare/drammatizzare le vittorie/sconfitte. Ammirerò sempre ill fair-play dei giocatori e la civiltà del pubblico, sempre corretto e contenuto. Mai un tafferuglio, nessun problema di ordine pubblico, mai un sequestro di oggetti contundenti nella zona dello stadio prima del derby. D'altra parte duemila anni fa Roma civilizzò l'Europa. Duemila anni fa, appunto.Oggi la situazione sembra diversa. Per la tristezza del mio fegato, che si ingrossa a vista d'occhio per il Pazzo di Genova e il Palazzo di Napoli. Non è tanto il 2-1 in pieno recupero o il 2-2 in rimonta in casa col Catania (risultati non proprio degni di una pretendente al titolo, il Catania ha pareggiato col Siena) quanto le critiche a Leonardo che – nonostante tutto – si è confermato un Genio nel portare il dopolavoro dei campioni a lottare per il titolo italiano nonostante una miriade di infortuni (dovuti all'età?...malelingue che non siete altro!).

E la seconda squadra di Milano (sdcudetti e coppe dei campioni alla mano), nel frattempo cosa fa? Stravince la prima semifinale di Champions con pieno merito. L'effetto cenere, che ha fatto viaggiare il Barcellona in autostop per un migliaio di chilometri, forse si è fatto sentire. O forse saranno stati il gol in fuorigioco e il rigore negato a Piquet. Fatto sta che vinceranno scudetto e champions, l'ho già detto ma val la pena ribadirlo ancora. Sono proprio loro, gli "onesti" che non chiamavano mai gli arbitri, controllati da Moggi. sta scoppiando un'altra Calciopoli, proprio alle soglie del Mondiale: che sia di buon auspicio?

Preambolo calcistico, amici miei: d'altra parte di cosa vuoi che si parli in Italia? Già, perché le scorregge del vulcano islandese mi hanno bloccato a Milano. Il mio itinerario originariamente prevedeva Cluj-Napoca-Milano-Strasburgo, l'idea era quella di partecipare a un seminario internazionale su sport e inclusione sociale che è stato ovviamente rimandato.

E mi tocca anche mangarmi le mani per aver lasciato il passaporto a Cluj-Napoca. Perché gli amici dell'International Sport and Culture Association hanno pensato bene di organizzare un'interessante conferenza a Belgrado, che infondo ci sarebbe stata bene sulla strada del rientro a Cluj-Napoca. Nonostante una serie di telefonate a mille rappresentanze diplomatiche di mille nazioni, in Serbia senza passaporto non si entra.

E allora non mi rimane che gioire del grande ritorno de' "la Pupa e il Secchione", l'unica cosa che mi sta tirando su il morale. Anche se devo ammettere che tutto il trash della prima edizione per il momento non si è visto. Tuttavia non posso fare a meno di apprezzare un reality show semplicemente perfetto e geniale, che infondo fa contenti tutti. Per gli uomini infondo ci vuol poco, e le pupe ce l'hanno tutto. Per le donne brutte è un piacere gioire della stupidità delle pupe. Per le pupe è un piacere vedere le loro omologhe dormire con uomini che hanno "una bella lontananza", per dirla come una mia cara amica. Per gli anziani inoltre è un piacere sputare fango su questi giovani che "noi alla loro età....". Mi mancherà in Romania, ne sono sicuro!

giovedì 15 aprile 2010

TERZA PUNTATA

LA MACCHINA DEL CAPO…

Mentre passeggiavo per le strade di Cluj (si, senza scorta, sono ancora a piede libero: non mi hanno arrestato, non volevano me, cercavano semplicemente due ragazzi della nostra associazione che avevano assistito a un tamponamento per una testimonianza in tribunale), mi sono imbattuto nella “scoala pentru deficenti de auz”. Mentre i miei simpatici lettori penseranno che avrei dovuto studiare lì (per la cronaca, deficienti de auz significa sordi, non ritardati terroni), io stavo mettendo a punto due riflessioni, la prima legata alle auto, la seconda alla televisione.

Cominciamo dall’auto, meglio se di lusso. Da queste parti infatti la macchina sembra essere un vero e proprio status-simbol, che denota chiaramente l’appartenenza a un ceto sociale alto. Questa evidenza sembra essere visibile e manifestarsi in vari ambiti della società romena.

Il manele per esempio, è un genere musicale molto in voga tra gli zingari. Il Manele sta ai romeni come il Grande Fratello agli intellettuali nostrani: è considerato trash e nessuno ammette di ascoltarlo/guardarlo ma è innegabile che lo si senta ovunque: radio, tv, automobili, bar (così come il Grande Fratello, benché non lo guardi nessuno, è giunto in Italia alla decima edizione registrando ogni settimana indici di share eclatanti). Sostanzialmente il manele propone melodie orecchiabili – ricalcano le sonorità mediterranee – e contenuti che spaziano dall’amore alla prosperità economica, passando ovviamente attraverso le belle auto. Alzi ora la mano chi non connette l’immagine degli zingari alle Mercedes e alle Bmw.

Il collegamento zingari – belle auto sembra essere semplicistico: anche sfogliando le pagine di Facebook, spesso si nota come in Romania – specie tra le gentil donzelle – vadano di moda pose ammiccanti su fiammanti fuoriserie e lussuose ammiraglie, meglio se con labbra in fuori e gambe ben in vista. Se Gigi Becali (presidente della Steaua Bucharest, proprietario terriero , padrone di una televisione ed Europarlamentare), tra le varie cose, è famoso per il suo Maybach, va ricordato che a Bucarest c’è un concessionario Ferrari dal 2008. Concessionario che ha venduto una cinquantina di auto in pochi mesi di attività (le aspettative più rosee prevedevano 20 auto in due anni) incassando circa 6 milioni di Euro (i prezzi delle auto andavano dai 144.000 ai 227.000 euro http://www.balcanicaucaso.org/ita/aree/Romania/Una-crisi-testarossa).

Durante una lezione di italiano si parlava di Romania. Gli studenti stavano elencando aspetti positivi e negativi del paese. A un tratto è saltato fuori che la Romania è un paese povero. Immediatamente però è stato ribattuto che la Romania non è un paese povero, ma che il reddito non è distribuito uniformemente: quante Lamborghini, Mercedes, Bentley ci sono a Bucarest? Ma anche a Cluj, infondo… Secondo i miei studenti quindi l’auto di lusso è un chiaro segno del benessere economico di una persona che, possedendola, dimostra l’appartenenza a un ceto sociale abbiente.

La seconda riflessione è invece collegata alla televisione nostrana e al periodo non certo roseo per i personaggi. Dopo Mosca e Santi Licheri, questa volta è toccato a Raimondo Vianello: mi è dispiaciuto leggere la notizia della scomparsa (benché non fosse esattamente giovanissimo). Lo ammiravo: era ironico, tagliente, intelligente ma sempre misurato, educato e dai modi gentili. Non so come facesse a rimanere sempre impassibile, dopo ogni battuta e di fronte a ogni situazione. Avrei pagato una fortuna per sapere come si è approcciato a San Pietro e per vedere questi – sicuramente, benché forse il ruolo gli imponga un certo contegno – sorridere di fronte a quest’ometto che – ne sono certo – sarà arrivato lassù con una copia della Gazzetta sottobraccio.

Il tempo crea eroi, cantava Vasco. E il tempo se li porta via. Pur non sentendomi un vecchio che muore di fronte alla tv, mi rendo conto che se ne stanno andando molti dei personaggi mediatici che mi hanno accompagnato nella crescita. Benché il post-modernismo e la memoria dei media mescolino continuamente le carte, anche questi fatti contribuiscono a far capire che il tempo – ahimé – passa inesorabile...

E il tempo di questa puntata è giust’appunto finito. Sicché mi tocca dar appuntamento alla prossima. Saluti e baci!

martedì 13 aprile 2010

SECONDA PUNTATA

INDOVINA CHI VIENE A CENA…

Una miriade di notai, dozzine di avvocati e uno studio di medicina stomatologica e dentistica ogni tre passi. Il viandante italico non può non incuriosirsi di fronte alle attività economiche clujane. Anche perché l’unico anello di congiunzione tra le tre attività sembra essere rappresentato dai picchiatori (che ti fracassano i denti per cui si va dagli avvocati). Curioso che i dentisti abbiano variopinte insegne, spesso al neon, con denti disegnati in tutte le forme. Siamo arrivati al marketing dentistico? Può darsi.

Da giovedì, per uno strano scherzo del destino, l’acqua calda ha smesso di transitare nelle tubature di casa nostra. Giovedì sera mancava anche il gas per cucinare. Ieri – per tutto il pomeriggio – è saltata la corrente. Chi vive qua da un po’ ammette che “l’impiantistica non è il loro forte”. A Cluj come a Belgrado, internet arriva “via cavo”, cioè apri la finestra e un cavo ti porta internet. Diciamo che Cluj ricorda Siena al contrario, nel senso che un fascione enorme di cavi corrono lungo praticamente tutte le strade cittadine. Per capire quanto sia importante una strada, bisogna analizzare quanto ampio sia il fascio di cavi.

Ieri sera verso le otto sono arrivati due tecnici a risolverci il problema. Aprono il quadro elettrico e si ritrovano di fronte a una trentina di valvole, disposte su tre linee. Dei tre piani di casa, solo il semi-interrato e l’ingresso hanno corrente. Il primo sale sulla scaletta e gira tre valvole. Funziona? No. Ne gira un’altra, poi ne ripone una in posizione originale. Funziona? No. Con un colpo di mano ne gira altre tre, poi due. Funziona? No. Inizia a smadonnare. Guarda che non stiamo giocando a Master Mind, che devi indovinare la composizione. Si avvicina Marta e chiede: ma si sa qual è il problema? Si, Marta, il problema mi sa che l’hanno capito – non c’è luce - secondo me il casino ora è trovar la soluzione.

Marius – tuttofare romeno regista della casa – gli spiega che sulla porticina c’è uno schema con la spiegazione delle valvole. Il secondo ragazzo ha un colpo di genio, va verso il furgone e torna con una pila per leggere lo schema. Mentre carica la pila a manovella, Andreea e Isa si scompisciano dalle risate: Andreea e Isa sono due volontarie romene che hanno la grinta di un pero, la loquacità di un melo e l’allegria di un salice piangente. Evidentemente il regno vegetale trova divertente il ricaricare la pila con la manovella. Nel frattempo, con l’aiuto di Marius, i due capiscono che si tratta di un quadro elettrico. Il primo ometto fa presente che in pochi minuti comincia il posticipo tra Steaua e Iasi, per cui bisogna trovare una soluzione in tempi rapidi. Non sapendo dove metter mano, si fa da parte e chiama Sergio. Gli spiega che si trova di fronte a un quadro elettrico e che non c’è luce. Che può essere? Il secondo intanto sta smontando e ripulendo le valvole. Sergio si sbizzarrisce con ipotesi e contro-ipotesi, l’ometto ripete “si può darsi”, finché si arriva ai saluti e ai ringraziamenti.

A un tratto l’operaio operoso pesca il jolly: dev’esserci un altro quadro elettrico, che esiste ed è fuori dalla porta. Due operai a lavoro e sette ragazzotti a guardarli. Ci vorrebbero i pop corn, ma il micro-onde non funziona, per cui si guarda benissimo così. In pochi minuti, il secondo quadro elettrico è aperto e il problema risolto. La valvola principale era danneggiata. I due tecnici fanno presente che l’impiantistica è vecchia e che la ristrutturazione della casa è solo esteriore. Per uno strano scherzo del destino, al primo piano funzionano solo le prese ma non i lampadari, al secondo invece il contrario. Breve ulteriore smadonnamento e via a ripulire e riggirare le restanti valvole. Si inizia a parlare di Italia, di Bucharest e della Casa del Popolo costruita da Ceausescu. Prima del congedo, il capolavoro.

“Hai sentito della Polonia?” chiede il primo tecnico. “Si”, risponde Marius. “Bene: mi spieghi perché queste cose non succedono a noi?”. Sorrisi e saluti vari. Anche perché la luce è tornata, fortunatamente prima che il cibo presente in congelatore si scongelasse del tutto.

Dopo una serata così, in compagnia degli elettricisti, non si può non aspettare con ansia l’arrivo dei tecnici del gas. E’ mattina, sto bevendo il tè, sono sveglio da poco. Bussano alla porta della cucina, mi giro “buna dimineata”, mi dicono. Loro sono due ometti vestiti in borghese. “Buna dimineata” rispondo, preparandomi a dire che la caldaia è al piano di sotto. Uno dei due mi mostra il tesserino e mi dice “Polizia”.

martedì 6 aprile 2010

SECONDA SERIE - PRIMA PUNTATA

DOVE SARO’ DOMANI…

Belgrado, facoltà di architettura. Ore 10 circa. Ho appena finito la lezione di italiano, gli studenti stanno raccogliendo le loro cose. Arriva la mia assistente che mi dice:”hai sentito cosa è successo in Italia? Un terremoto, vicino Roma … ci sono stati molti morti”. No, non lo sapevo vado su in ufficio a vedere...mentre salgo le scale, penso che pare difficile che Roma sia colpita da un terremoto … boh, magari nei dintorni, Tivoli, forse i Castelli … Il computer sta caricando l’home page del Corriere. Ricevo un messaggio dalla Slovenia: in inglese mi si dice che forse un terremoto ha colpito l’Abruzzo, non ha capito bene. Alzo gli occhi, guardo il monitor e vedo un enorme con un cumulo di macerie. Il titolo parla di una scossa, di oltre 200 morti. Il cuore dell’Aquila è distrutto. Mi si gela il sangue. Mi blocco. Non riesco a proferir parola. L’impotenza si manifesta negli occhi e nel cuore di un Abruzzese in Serbia. Uno shock, il silenzio. Poi la ricerca disperata di notizie, gli sms degli amici che vogliono accertarsi che i miei cari stiano bene. Messaggi di cordoglio da amici internazionali. Tristezza. Tanta tristezza. E impotenza. Inutilità.

Questa mattina ho aperto il sito del Corriere. E’ passato un anno: l’articolo è più misurato, l’evento meno forte. La sensazione di quella mattina però mi è tornata alla mente. Per la cronaca, la nazione è cambiata: cause di forza maggiore mi hanno impedito di tornare a Belgrado (troppo poche ore di lezione in università), la spietata concorrenza internazionale mi ha impedito di trovare un’opportunità a Bruxelles. E così “La scia delle navi, al di là del temporale” mi ha portato nel più classico dei “deja vù” (disco pub discretamente in voga a Bucharest, discoteca di punta a Chisinau).

Ai più longevi e appassionati di voi il nome suonerà familiare, agli altri forse farà scappare un sorriso. Fatto sta che Mai Dire Rom riparte dalle ceneri di se stesso, manco fosse l’araba fenice. Se Trombetta e Culio vi ricordano qualcosa (il 2-1 rifilato alla Roma) e/o se sapete che squadra allena Andrea Mandorlini e/o se sapete dov’è nato Andrea Corvino (ex re d’Ungheria, niente a che vedere con il direttore sportivo della Fiorentina), sicuramente il nome Cluj-Napoca non suona come un insulto giapponese ma come una città romena. Un progetto di Servizio Civile Europeo mi ha infatti portato nella regione di Vlad l’Impalatore (meglio noto come Dracula) a lavorare – in qualità di volontario - presso un'associazione giovanile proprio nell’ex capoluogo della Transilvania. Abitata da poco meno di mezzo milione di abitanti, Cluj-Napoca è un centro universitario nel quale la tranquillità e la pace regnano sovrane.

Cluj-Napoca è una bella cittadina adagiata su morbidi colli: le chiese – cattoliche, ortodosse e grecho-cattoliche – si alternano a splendidi palazzi, teatri, fontane, qualche monumento, una moschea e una miriade di facoltà universitarie, collegi per gli studenti, istituti di ricerca, fondazioni, ospedali, cliniche e uffici delle istituzioni. Il tutto in un contesto pulito e ordinato. Se non fosse per il traffico, a tratti caotico, non ci si renderebbe conto di trovarsi in Romania.
Si respira un’aria europea intrisa di spirito austro-ungarico a spasso per Cluj-Napoca, sembra che l’architettura Ceauseschiana, che ha trasformato Bucarest in una colata di cemento, da queste parti non sia passata. A parte qualche sporadico palazzo, ben integrato nel contesto urbano, la maggior parte del grigio sta in periferia, dove non mancano anche ville, villette e case graziose. Esistono tesi contrastanti sulla maggioranza della popolazione: certo è che se i cattolici non sono maggioranza, sono sicuramente una grande minoranza. Cospicua anche la minoranza ungherese, che rende Cluj è più “Ungheria” che “Austria”: nelle chiese infatti le scritte sono prevalentemente in ungherese, così come le pubblicazioni, i volantini e i programmi delle funzioni. Segue il romeno e un po’ di latino – qua e là. Per la cronaca, l’attuale primo ministro romeno – il democratico Boch – è l’ex sindaco di Cluj-Napoca. E ieri l’ho visto passare in centro, scortato dalle sirene di varie auto blu.

Il mese teorico trascorso a Cluj, nella realtà diventa poco più di due settimane, vista la partecipazione a uno scambio internazionale incentrato sulla “diversità” tenutosi a Caciulata (ridente località turistica nel cuore dei Carpazi, particolarmente in voga nel precedente sistema) e un campo di lavoro, vissuto nei panni dell’organizzatore e del partecipante. Il campo si è tenuto a Remeti (ultra-ridente località sospesa tra Oradea, Cluj-Napoca e il confine con l’Ungheria), l’obiettivo la pulitura di uno splendido fiume che definire contaminato dai rifiuti è poco. Ma di questo parleremo la prossima volta: il pendolino dice che eravamo già nel recupero e che l’arbitro ha fischiato la fine. Comeeeeee? Si, è finita. Così è deciso – toc – l’udienza è sospesa. Ciao Maurizio e ciao Santi, ci mancherete!